tradimenti
LA MADRE DEL COMPAGNO DI MIO FIGLIO
di Shoganai65
11.01.2022 |
19.392 |
9
"Cerco di cogliere i suoi fremiti, di capire in silenzio i suoi tempi, i suoi desideri, come devo muovermi..."
Ci eravamo visti a fine maggio. I nostri figli festeggiavano per la prima volta in una discoteca la fine della terza media. Noi, assieme ad altri due genitori, dovevamo sorvegliare ragazzi e ragazze di ben quattro classi ed evitare che oltre a ballare non sballassero.Lei bionda naturale, capelli lunghi, occhi azzurri, alta, corpo fantastico fasciato da una gonna nera al ginocchio, calze autoreggenti, camicetta rossa scollata che lasciava intravvedere un intimo in tinta ed una quarta di seno. Non avendola mai incontrata prima cerco di catturare il suo sguardo e alla prima occasione mi avvicino e ci presentiamo.
“Piacere sono C., la mamma di Teo” mi dice, allungandomi la mano con un sorriso che le illumina il viso.
“Il piacere è tutto mio – rispondo. Sono il papà di Alessandro. Posso intanto offrirti qualcosa da bere?”
“Volentieri! Possiamo divertirci anche noi, mica soli i ragazzi. Per me un Gin Tonic a patto che tu mi faccia compagnia…”
“Simpatica, spontanea, aperta” ho pensato. “Ma non ricamarci troppo sopra!” mi son detto.
Tuttavia da quel momento ci siamo praticamente dimenticati dei ragazzi. Abbiamo continuato a parlare, a sorriderci, a guardarci mentre il desiderio aumentava e si creava una complicità foriera di nuovi sviluppi, ma non quella sera.
Mi raccontò che aveva 47 anni ed era una designer. Oltre a Teo aveva un’altra figlia più piccola, ed era ancora sposata anche se il marito da tempo la trascurava per il lavoro. Era da alcuni anni che non usciva la sera per andare in discoteca, anche se “amava ballare e voleva ricominciare a divertirsi”. Quest’ultima frase la sottolineò con un sorriso di sfida e cominciò a danzare nell’angolo del locale in cui ci eravamo spostati, con movenze sexy che me lo fecero diventare duro all’istante. La gonna si alzava fino al limite delle autoreggenti, la carne era bianca e le gambe sode. Si girava di scatto ed il culetto era perfetto e invitante. Il seno spingeva sui bottoni della camicetta e io avevo occhi solo per lei.
Purtroppo (o per fortuna) il tempo era volato. Era già mezzanotte. Era stato stabilito che a quell’ora la festa avrebbe dovuto terminare e noi genitori dovevamo riportare a casa i nostri rispettivi figli. Io ero eccitato e avrei voluto lasciare Alessandro a divertirsi ancora un po’ e scappare con lei per dare sfogo al nostro desiderio. Invece ci salutammo. Sulla soglia prima di lasciarci lei si avvicinò, mi diede un bacio sulla guancia, e con la mano mi passò un bigliettino di carta:
“Questo è il mio numero: 3..-4…… Chiamami!”
Lessi il biglietto ed imparai immediatamente il numero a memoria.
Avevo voglia di sentirla, di rivederla, di vedere dove ci saremmo potuti spingere.
D’altra parte io sono separato da cinque anni e ho deciso di godermi la vita. Ho appena superato i 50 ma sono atletico, ho un ottimo lavoro che mi lascia tempo e spazio per viaggiare, andare a teatro, al cinema, ai concerti… E adoro le donne: incontrarle, conoscerle, corteggiarle, capire cosa vogliono e darglielo senza remore. Sedurle e farmi sedurre da loro.
Così un paio di giorni dopo quel nostro primo incontro la chiamai.
“Ciao C. ti ricordi di me?”
“Ciaoooo. Pensavo avessi perso il bigliettino… Mi ricordo benissimo”
Parlammo un po’ della serata, dei figli, della scuola, delle vacanze e poi le chiesi se aveva tempo e voglia di incontrarci prima di partire per il mare dove, mi aveva detto, si sarebbe fermata per due settimane.
“Speravo me lo chiedessi" mi disse. "Domani nel tardo pomeriggio devo proprio andare in centro città a vedere l’appartamento di un cliente a cui devo ridisegnare il salotto. Ho le chiavi e non ci sarà nessuno. Così potremo parlare e stare tranquilli”.
Ci avevo sperato ma non avrei mai immaginato che la storia avrebbe subito un’accelerazione repentina.
L’indomani mi preparo con cura. Doccia, barba, crema, profumo, capelli in ordine. Camicia azzurra, giacca blu di lino, pantalone sportivo e via. Parcheggio a debita distanza. Seguo le indicazioni che mi ha inviato tramite SMS. L’appartamento è all’ultimo piano di un palazzo signorile appena rimesso a nuovo. Devo suonare al numero 15, il portone del palazzo si aprirà da solo. Sono in anticipo di 5 minuti, come sempre. Prima faccio un giro per discrezione e per essere sicuro che nessuno tenga l’entrata sotto controllo (non si sa mai che il marito la faccia spiare…)
E’ tutto tranquillo. Mi avvicino al citofono. Suono al numero 15. La serratura scatta con un rumore metallico e io posso entrare. Il cuore inizia a battere più velocemente. Devo prendere l’ascensore, moderno e pieno di specchi, e salire al quinto piano. L’immagine di me riflesso mi carica. Sistemo giacca e capelli. Sono emozionato ma soprattutto eccitato.
“Arrivato al piano prendi il corridoio sulla destra fino in fondo. Troverai la porta già socchiusa. Entra pure” diceva il messaggio.
Eccomi, esattamente come descritto. Entro. In salotto le tende sono tirate, le luci soffuse. Una musica d'atmosfera arriva da un’altra stanza. Seguo le note e mi trovo davanti alla porta di quella che dovrebbe essere la camera da letto.
“Cosa aspetti? Vieni” la sua voce dall’altro lato è invitante.
Questo per me è il “MOMENTO MAGICO”: quando dopo l’attesa ed i preparativi, percepisci che le speranze, i sogni, i desideri da lì a un attimo stanno per trasformarsi in una splendida realtà.
Lei è lì, distesa su una chaise-longue di design, vestita di nero, con un lungo giro di perle che le scende sul seno. I capelli sciolti, lo sguardo deciso; sulle labbra un rossetto che la rende ancor più femminile e per nulla volgare. La camicia è di organza semi-trasparente. La gonna è a portafoglio con uno spacco a vita alta. Lascia intravvedere il reggicalze abbinato a delle calze a rete leggere, molto raffinate. Il mio sguardo scende fino alle sue caviglie, sottili come piacciono a me. Ai piedi un paio di scarpe chiuse, eleganti, con tacco 12 molto appuntito.
“Vieni qui, vicino a me. Ti stavo aspettando”. Ha una luce che brilla negli occhi.
“Sei stupenda!”
Le vado accanto togliendomi la giacca. Mi siedo ai suoi piedi. Inizio ad accarezzarla partendo proprio dalle caviglie. Salgo lentamente. Nessuno dei due dice nulla. Ci guardiamo e basta. Cerco di cogliere i suoi fremiti, di capire in silenzio i suoi tempi, i suoi desideri, come devo muovermi. Si sta lasciando andare. Le sfilo le scarpe, una ad una. Le bacio i piedi succhiandole gli alluci attraverso le calze. Con le mani continuo ad accarezzarla sempre più in su. Entrambi moriamo di desiderio ma vogliamo gustarci l’attimo. Abbiamo tempo.
I bottoni della camicia non oppongono resistenza. Saltano uno ad uno e con le labbra sono lì a baciarle il collo, e poi il seno, i capezzoli che spingono turgidi sotto la stoffa. Sento il suo respiro che si fa più forte, geme di piacere.
La invito ad alzarsi.
Mi guarda e all’improvviso mi bacia, con foga, come se in quel preciso istante si sentisse liberata. Come se in attimo avesse deciso di riprendersi la vita e seguire le sue passioni. Le nostre lingue si intrecciano, le nostre bocche si cercano avide. La dolce gatta di poco prima, bisognosa di coccole e carezze, si è trasformata in una tigre vogliosa e intraprendente. Ci baciamo stando in piedi, incrociando i nostri sguardi pieni di desiderio.
Mi spoglia. Prima la camicia, poi la cintura e i pantaloni finiscono sul pavimento. Idem la sua gonna. E poi d’improvviso si inginocchia, con una mano decisa mi sfila i boxer e con l’altra calda prende il mio uccello già duro e se lo porta alla bocca. Lo lecca dalla base fino alla cappella. Lo stringe con la mano e lo infila tutto in bocca, fino in fondo. Ogni tanto mi guarda dal basso verso l’alto in cerca di approvazione. Io con le mani le spingo la nuca verso di me invitandola a succhiarlo ancora di più. Mi pianta le unghie sul culo e aumenta il ritmo di un pompino coi fiocchi. Ma non voglio venire così.
La alzo prendendola per i capelli e la sdraio sul letto. Indossa ancora l’intimo e le calze a rete. Inizio a prendermi cura della sua passera, profumata, bagnata ed invitante. La dardeggio con la punta della lingua. Piccoli colpetti alternati a leccate più lunghe e profonde. Fanno subito effetto. La invito a toccarsi con la mano per assaggiare assieme a me, dalle sue dita, il sapore dei suoi umori. Deliziosi.
Continuo a leccarla con passione finchè le gambe iniziano a tremarle, il ventre a contrarsi, le sue mani mi stringono a sè e con un urlo mi annuncia che sta godendo come (mi confesserà poi) non le capitava da anni.
Aspetto che si calmi un attimo ricoprendola di baci e poi le chiedo di girarsi, di mettersi in ginocchio e di aprire bene le gambe. Capisce al volo ed obbedisce volentieri. Ha goduto ma non è certo appagata e io nemmeno. Le avvicino la punta del cazzo che oramai sta impazzendo, glielo strofino un po’ sulle grandi labbra e, una volta inumidito, la penetro con dolcezza. Lei reagisce spingendo con le gambe verso di me, invitandomi col culo a prenderla con più forza.
“Basta dirlo dolcezza” penso, e inizio a sbatterla con maggior violenza. Con le mani la prendo per i fianchi, per le tette, per i capelli, e intanto vedo il mio uccello sempre più duro e grosso entrare ed uscire dalla sua vagina calda e accogliente.
“Scopami!!!” è lei che urla dopo anni di voglie represse in casa, con un marito che non sa più apprezzare cos’ha tra le mani.
E io la scopo. Continuo a scoparla, a sbatterla, a infilzarla fino a quando sento di nuovo le sue contrazioni, i suoi fremiti, le vibrazioni. E’ il segnale che sta per godere nuovamente e allora mi lascio andare anch’io. Sento lo sperma affluire lungo tutta l’asta e, un attimo prima di esplodere, esco dalla sua dolce tana giusto in tempo per battezzarla di sperma sul viso, sui capelli, sulle tette.
Ripreso un po’ il fiato C. con le dita a cucchiaio raccoglie dal viso un po’ del mio succo e se lo porta alle labbra.
“Era da diversi anni che non lo assaggiavo. Non mi ricordavo quasi più di quanto fosse buono” mi dice maliziosa. “Penso sia giunto il momento di rifarsi con gli interessi. D’altra parte ho saputo da Teo che i nostri figli a settembre andranno alle superiori assieme…”
P.S. SONDAGGIO: a quanti di voi è mai capitato di scoparsi (o volersi scopare) il genitore di un compagno di scuola dei vostri figli? fatemelo sapere nei commenti. Grazie!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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